Dopo l’8 settembre 1943, la Germania occupò il suolo italiano, estendendo il suo dominio su tutte le regioni dell’Italia Centrale e Settentrionale. In un contesto che non
fu riscontrato in nessun altro paese occupato, di completa e assoluta disgregazione delle autorità politiche e militari, i tedeschi dovettero ricostituire ex novo un governo al Nord, pesantemente
controllato dai loro rappresentanti quali Rahn e Wolff, che desse un’impressione di autonomia e operatività.
La creazione nelle province nord orientali di due zone d’operazioni, l’Alpenvorland e l’Adriatisches Küstenland de facto inglobate al Reich, la razzia dei beni economici, lo sfruttamento
industriale e di manodopera, la penisola italiana adibita a teatro di guerra e di conquista, l’internamento dei militari italiani come forza lavoro, la divisione della nazione fra Nord e Sud,
costituirono una delle tragedie più grandi che l’Italia avesse mai sostenuto nella sua storia.
A modello del Reich fu inoltre importato anche il complesso sistema di polizia che, posto sotto la tutela delle SS, aveva operato contro gli oppositori politici nel resto dell’Europa occupata.
Mentre al Sud, distolti da altri teatri di guerra, gli Alleati arrancavano sull’Appennino, al Nord, nello scatenarsi della guerra civile partigiana contro fascisti repubblicani e nazisti,
trovarono una posizione d’eccezione le unità della G.N.R., della Decima M.A.S. ed i famigerati reparti “Servizi Speciali”, veri e propri Einsatzgruppen composti da italiani assoldati dai
tedeschi, adibiti alla bonifica del territorio retrostante il fronte dal cosiddetto “banditismo”.
Famigerati sono ancora oggi i nomi di Mario Carità, Gino Bardi e Guglielmo Pollastrini, Pietro Koch, Franco Colombo. Molti erano stati squadristi della prima ora, desiderosi di rivalsa su chi,
dopo gli albori del fascismo, li aveva relegati ai margini del movimento per la loro violenza, altri erano dei fascisti fanatici senza scrupoli a cui non dispiaceva di combattere la loro guerra,
con i loro metodi, contro i “comunisti”, altri ancora erano dei criminali in cerca di danaro facile. Eppure, per sentir parlare di sevizie e torture non serve uscire dai confini della nostra
regione.
Conversando con diverse persone presenti al tempo del conflitto, ed indicando loro i nomi di Vettorini, Leschiutta, Collotti, Bertozzi, Spollero, Borsatti, Ruggiero, Rebez, vi parlerebbero di
arresti, torture, sevizie, fucilazioni. Tutti loro furono responsabili di questi reparti di Servizi Speciali, all’interno della Decima M.A.S., della G.N.R., delle Brigate Nere, per la lotta
contro i partigiani. Tutti, tranne Remigio Rebez. Egli, addetto all’ufficio inquisitorio del capitano Ruggiero in Palmanova, non era il comandante, ma l’esecutore materiale, assieme ai suoi
complici, delle torture inferte ai partigiani ed ai civili catturati. Dai carteggi consultati presso l’Archivio di Stato di Udine, inerenti al processo compiuto contro la banda criminale, è
emersa la figura del sergente della Decima M.A.S. quale seviziatore ed assassino di decine di partigiani. Egli era il “boia di Palmanova”.
Tratto dall'introduzione della tesi di laurea di Flavio Rovere "La Decima M.A.S. in Friuli. Il processo a Remigio Rebez"
Anno 2007-2008 - Università degli Studi di Udine - Relatore: Umberto Sereni
Facoltà: Lettere - Corso: Scienze storiche